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I NoPiro. Lotta sul confine

I NoPiro. Lotta sul confine

Visto il rapido excursus fatto circa le origini di Rifiuti Zero, continuiamo adesso i racconti di lotta di cittadini contro opere sgradite. Insieme alle comunità protagoniste degli degli ultimi articoli, che storicamente e tenacemente portano avanti le proprie battaglie contro i rispettivi impianti di incenerimento, in Italia sono sorti molti altri comitati. Rifacendosi alle esperienze dei gruppi “storici”, questi nuovi movimenti portano avanti Rifiuti Zero come alternativa, contribuendo a loro volta alla processuale creazione di una conoscenza condivisa e di un’expertise “da battaglia”, e all’empowerment della comunità in cui operano. Rifacendosi al contesto torinese, parleremo adesso di un gruppo recente e attivo nella zona della Dora Baltea, a confine tra Piemonte e Val d’Aosta.

“Allora tu immaginati una piccola enclave a metà tra Val d’Aosta e Piemonte che comprende territori di entrambe le regioni”, mi spiega l’attivista No Piro Mauro, nel darmi una panoramica della sua terra. “È un comprensorio di otto piccoli comuni, di poche migliaia di abitanti. In mezzo a questo territorio vogliono fare questo impianto. Essendo un territorio a prevalenza agrituristica, è una roba folle. I produttori sono stati spesso restii a contestare in prima persona, perchè abbiamo un ‘feudatario’, un imprenditore della zona che qui ha una potenza esagerata”. Questo è il contesto in cui i No Piro, un comitato spontaneo composto da cittadini, agiscono. Hanno lottato contro la costruzione di un pirogassificatore modulare trasportabile – opera imposta dall’amministrazione locale -, riuscendo a fermarne l’avvio della sperimentazione. In questo articolo cercheremo di capire la loro esperienza e il loro inserimento nella rete Rifiuti Zero, strategia che hanno deciso di proporre come alternativa alla pirogassificazione.

Il Pirogassificatore mobile
Point Saint Martin è uno dei primi paesi della Val d’Aosta, proprio al confine con il Piemonte. Insieme ad altre comunità limitrofe – sia valdostane che piemontesi – fa parte del bacino della Dora Baltea, un fiume che scorre al confine tra le due regioni, che racchiude in se il reale senso di appartenenza territoriale. È proprio in questa zona di confine, sentita – per quanto riguarda i lavori di impresa pubblica e amministrativi – un po’ come “terra di nessuno” che si è deciso di costruire, come reputata innovazione, un pirogassificatore mobile. Precisamente, a Borgofranco d’Ivrea, che è già Piemonte, ma l’azione dell’impianto andrà a coprire tutto il territorio circostante. L’impianto è stato costruito in un sito che, secondo gli attivisti No Piro, è già causa di inquinamento da tempo: sede in passato di varie attività a forte impatto ambientale (come la fabbrica di alluminio ALCAN), è poi divenuto un deposito per attrezzature di un’impresa edile appaltata per la costruzione della TAV, la stessa di cui il “feudatario” prima citato è proprietario. Fra i vari finanziatori privati del progetto, figura proprio anche questa impresa edile, cosa che sottolinea la già nota influenza politica ed economica che il personaggio in questione ha avuto sulle amministrazioni del bacino della Dora.
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Cosa è un pirogassificatore? È un impianto di smaltimento termico dei rifiuti, anche chimici e speciali, che utilizza tecnologie sia degli impianti a pirolisi, sia quelle degli inceneritori. Di brevetto italiano, l’innovazione pare stare nei costi ridotti e la praticità, dati dalla costruzione modulare dell’impianto, la piccola dimensione e dalla possibilità di trasportarlo. Come lo definiscono gli attivisti No Piro, “un inceneritore portatile”. Introduco il termine inceneritore, perchè al contrario degli impianti di pirolisi (comunque inquinanti) che usano il trattamento termico come strumento di scissione dei legami chimici in un ambiente privo di ossigeno, il pirogassificatore invece utilizza il Gas d’aria nel processo termico, che diventa così combustione, tipica del trattamento per incenerimento. Il prodotto del trattamento è gassoso e, teoricamente, è energia. Ma se anche i prodotti della pirolisi sono di qualità “migliorabile”, quelli del pirogassificatore non sono niente di diverso di quelli di un comune gassificatore e le emissioni le stesse di un inceneritore. L’altro elemento di allarme per i cittadini della Dora Baltea, è stato il fatto che tale impianto è mobile: questo significa che, se attivato, le emissioni non si concentreranno in un unico luogo, bensì in un intero bacino territoriale, dove aziende agricole sorgono in gran numero e per la cui conformazione geografica – è un imbuto fra le montagne, mi spiegano – permetterebbe un notevole stagnamento delle emissioni.

I NoPiro. Nascita e azioni di un comitato
“In sostanza questo è un comitato creato da cittadini, nato di fretta e furia perchè ci hanno presentato un progetto che già partiva”, mi aveva spiegato Gigi, proprietario di un negozio in paese e uno dei portavoce del comitato nell’autunno 2013 – quando andai sul posto lo scorso anno. “Il progetto dell’impianto, abbiamo poi capito, era già partito nel 2011, con l’idea di un pirogassificatore di grandi dimensioni. Idea poi accantonata in favore di un progetto più piccolo, che fungesse da sperimentazione poi per un successivo impianto grande”. Quando il progetto è stato reso pubblico dall’amministrazione, i primi a rendersene conto furono gli attivisti del Comitato 5 Stelle di Ivrea, a marzo 2013. Radunarono un po’ di persone e avviarono una collaborazione con Legambiente. Ma le opinioni circa la fase di sperimentazione si rivelarono subito discordanti, tanto che un gruppo di cittadini decise di staccarsi e creare un comitato nuovo, i No Piro, che sin da subito si è dimostrato contro l’accensione dell’impianto in toto, iniziando a portare avanti come alternativa la strategia Rifiuti Zero. L’altro gruppo, legato a Legambiente e a favore di una sperimentazione purchè monitorata, prese il nome di “Dora Baltea che respira”.
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Come gli attivisti stessi tendono a sottolineare, il comitato No Piro si è costituito con l’obiettivo di informare la gente, confrontarsi e capire che alternative proporre. Basato su un’organizzazione trasversale (“non tendiamo ad avere capi ma persone che si mettono al servizio”, mi dice Paola, maestra e attuale portavoce del comitato, nello spiegarmi come mai gli incarichi di rappresentanza ruotano fra i membri del gruppo), il comitato ha organizzato eventi a scadenza quasi settimanale: banchetti, manifestazioni, l’intervento di Paul Connett nell’ottobre 2013, le proiezioni di Trashed e di Sporchi da Morire, sono stati solo alcuni degli eventi che hanno contribuito a creare una popolazione consapevole della realtà in cui sta vivendo e delle possibili azioni da portare avanti per poterla migliorare. “C’è molta partecipazione alle iniziative, c’è sempre stata. Abbiamo puntato molto anche alla visibilità, riempiendo i paesi di ‘bandieroni’ con scritte pro riciclo e no incenerimento”, mi spiega Paola, “abbiamo anche lavorato molto sulle amministrazioni locali, per far capire loro cosa sta succedendo e l’importanza di avere un’alternativa. Molti ci hanno ascoltato e non solo ci tengono in considerazione, ma simpatizzano il nostro movimento. Per dire, sul municipio di Settimo Vittone c’è un bandierone con la scritta ‘Settimo non brucia, ma ricicla’”.
Come molti comitati in lotta contro un’opera sgradita che portano avanti Rifiuti Zero, l’educazione e l’informazione/formazione della cittadinanza è fondamentale. Una popolazione educata e consapevole, che si sa orientare nel contesto quotidiano è uno degli elementi fondamentali del processo di empowerment. “Il sapere, la consapevolezza della popolazione…è quello che fa terra bruciata intorno ad un’amministrazione corrotta”. Queste parole, dette da Fabrizio, ex amministratore della zona e portavoce del comitato nell’autunno 2013, prendono un certo valore qualora si va a notare che la nuova amministrazione di Borgofranco – prima roccaforte del PD e pro incenerimento da linea di partito – instauratasi questa primavera ha un sindaco No Piro e vicesindaco attivista di “Dora Baltea che respira”. Questo fatto, insieme a quello che diverse amministrazioni comunali si sono schierate chiaramente con il comitato, può rappresentare un certo tipo di raggiungimento in termini di cambiamento della governance del territorio con azione bottom-up, basata quindi su una cittadinanza attiva perchè empowered grazie all’azione di un comitato grassroot che porta avanti pratiche Rifiuti Zero. “Andare contro certi personaggi potenti, sia politicamente che economicamente, non è stato facile. Abbiamo dovuto agire capillarmente, mettendoci la faccia”, continua Paola nella nostra intervista, “ecco perchè non abbiamo mai fatto ricorso al TAR, sapevamo che la vera battaglia si sarebbe condotta dal basso, positivamente e con azioni propositive”.
Si va così a creare un contesto in cui l’identità di comunità diviene coesa in una situazione di conflitto che richiede una cittadinanza culturalmente e politicamente empowered.

La rete dei comitati
Consapevolezza, educazione e formazione in questo senso, sono rafforzate dalla messa in rete del comitato No Piro con le altre realtà in lotta contro opere sgradite della zona, oltre che con il panorama Rifiuti Zero. Infatti, laddove un contesto non dispone di certe expertise importanti per la formazione della popolazione riguardo ad una situazione percepita come di conflitto e pericolo, il network è fondamentale. Sin da subito i No Piro si sono collegati con il Coordinamento di Torino e ValleVirtuosa di Aosta, sia per l’organizzazione di serate informative ed azioni politiche, sia per attività scientifiche.

Il camper utilizzato come punto per la raccolta delle unghie, foto del sito nopiro.it

Il camper utilizzato come punto per la raccolta delle unghie, foto del sito nopiro.it


Per quanto riguarda quest’ultime, i No Piro stanno portando avanti un’analisi epidemiologica sulle unghie dei bambini di seconda e terza elementare residenti nella zona della Dora Baltea, per monitorare i dati relativi alla presenza di metalli pesanti nell’organismo. Questa iniziativa, che vede protagonista anche la pediatra di base della zona, è stata avviata in rete con i medici di ISDE di Torino, e la stessa Luisa (vedi articolo sul Coordinamento di Torino) ha partecipato alla giornata di prelievo di campioni organizzata dal comitato. Come Paola mi spiega, in quel territorio l’incidenza di tumori – anche infantili – è considerevole. Molti vedono la causa nelle attività industriali precedenti, in primis quelle relative alla lavorazione dell’alluminio della ALCAN.
“Perchè la nostra pediatra di base si è interessata a questa analisi? Abbiamo molti malesseri legati alla respirazione o di origine oncologica, che soprattutto coinvolgono i bambini.”, dice Paola, “Lo vedo anche a scuola, molti bambini hanno l’asma e tossi che non finiscono più. Quello che stiamo facendo è per le generazioni future e per limitare i danni a quelle di oggi”, inquadrando l’operato del comitato No Piro in un’azione che prevede obiettivi di miglioramento della vita anche a lungo termine.
Un po’ per vicinanza geografica, un po’ per vicinanza di esperienza, i No Piro sono in contatto anche con il gruppo di Aosta, ValleVirtuosa, già d’esperienza nella lotta contro la pirogassificazione. ValleVirtuosa, oltre a dare un appoggio in termini di presenza e di messa a disposizione di expertise riguardo l’organizzazione di serate informative e manifestazioni di formazione alla cittadinanza, ha aiutato i No Piro anche per la raccolta firme da presentare per evitare l’avvio della sperimentazione. Oltre a questo, l’unione delle forze dei due gruppi ha fatto si che le amministrazioni comunali valdostane siano sfavorevoli all’impianto della Dora Baltea.
Gli stessi No Piro, maturata una certa esperienza nella lotta ad opere sgradite, sono spesso chiamati da altri comitati per raccontare la propria storia, dando appoggio alle lotte di altre realtà che stanno vivendo una situazione simile. “Siamo in rete con Biella e Palazzo Canavese dove vogliono costruire dei pirogassificatori modulari come qui; con Chivasso e Vespiano dove vogliono bloccare il progetto di una nuova discarica e con Romano Canavese dove si stanno costruendo nuove mega antenne”, mi spiega Paola, “noi alla fine non facciamo altro che riportare la nostra esperienza e dare supporto a questi gruppi. La nostra forza sta nell’informazione condivisa e nel supporto reciproco come rete di comitati”, parole che sottolineano l’importanza della conoscenza condivisa promossa nel panorama dei network Rifiuti Zero.

Perchè Rifiuti Zero?
Quando chiedo il motivo per cui hanno deciso di adottare Rifiuti Zero come proposta alternativa alla pirogassificazione, mi rispondono che la positività e la semplicità della soluzione calza perfettamente per la loro situazione: è una strategia caratterizzata da un’azione che funziona anche sul “piccolo”, perchè basata su semplici azioni quotidiane che tutti fanno (buone pratiche), responsabilizzando gli amministratori, i produttori e i cittadini – le Tre Responsabilità di base -e presentadosi come azioni di empowerment della cittadinanza.
Quando iniziarono a fare la raccolta firme contro il pirogassificatore, i No Piro iniziarono contemporaneamente anche quella per la proposta di iniziativa popolare per la Legge Rifiuti Zero. “Così quando ci chiedevano: e se non si fa il pirogassificatore, cosa facciamo? Noi rispondevamo subito con una strategia pronta”, dice Paola. Gli attivisti sottolineano l’importanza del fatto che Rifiuti Zero è una questione di abitudini che deve entrare nella routine quotidiana, ed è così che entrerà anche nella cultura del territorio. Partendo da questa prospettiva, il comitato ha costruito la propria azione sul territorio, coordinato il network nascente di comitati e si sono inseriti nel contesto Rifiuti Zero, costruendo una protesta propositiva e positiva, che avesse il volto dei cittadini del bacino della Dora Baltea.
In questo contesto, dove la diffusione di un certo livello di educazione ambientale è buona, l’opera dei No Piro sta avviando un percorso di messa in atto di quelle buone pratiche che mirano a miglioramento della vita, con la promozione di Rifiuti Zero. “Le basi sono buone, ma dobbiamo scavare, dobbiamo migliorare. In alcune zone viene usata la pratica del lombricompostaggio per produrre fertilizzante; la differenziata c’è in tutti i comuni ma può essere fatta meglio” dice Paola. Le stesse buone pratiche relative alla valorizzazione dell’agricoltura e dell’artigianato avrebbero una grande importanza in un territorio dove prevalgono queste attività. “In seguito alla chiusura degli impianti industriali, dobbiamo puntare sulle nostre eccellenze territoriali: i prodotti agricoli, di artigianato e rivitalizzare il turismo”, continua la portavoce, “Rifiuti Zero, oltre a rappresentare un’alternativa al pirogassificatore è anche un modo di dare valore al nostro territorio”. Si sottolinea così il fatto che la strategia non riguarda solo i rifiuti, ma anche il sistema economico e sociale di una comunità, definendo Rifiuti Zero sia una strategia economica che una filosofia di vita basata su buone pratiche – che potrebbero essere definite “pratiche di resistenza quotidiana” – che, incidendo come azioni di empowerment nella società, vanno a formare le basi per una cultura definibile come “zerowaste”.